Il gioco nelle disabilità intellettive o relazionali: uno strumento formativo efficace
Il gioco è un’attività fondamentale per i bambini e può essere inteso anche come strumento formativo efficace. Attraverso di esso si inizia a conoscere il mondo che ci circonda e vengono stimolate le attività motorie e di coordinamento, la comunicazione e le interazioni sociali.
Per la sua naturale importanza, il gioco deve essere alla portata di tutti. Accessibile e adatto ad ogni capacità.
Esistono diverse tipologie di gioco per ogni fase di crescita: da quelli esplorativi fino, col passare degli anni, alla condivisione del gioco con gli altri. Le azioni, inizialmente semplici, man mano si strutturano.
Un gioco alla portata di tutti
Il gioco è un’attività spontanea ed un’occasione di crescita. Nei bambini con bisogni ed esigenze specifiche esso può stimolare, se utilizzato con fini educativi, la promozione di molti apprendimenti base.
L’esempio lampante è legato alle abilità comunicative. Attraverso il gioco infatti bambini con bisogni speciali possono sviluppare richieste, denominazioni, commenti ed imparare ad ascoltare. Altri esempi, inoltre, sono tutte quelle attività motorie che aiutano il bambino ad orientarsi nello spazio.
E’ fondamentale partire sempre dalle abilità presenti nel bambino e dalle sue potenzialità. Attenzione perciò alle sue preferenze: giocare con giochi e/o attività altamente gradite e motivanti faciliterà l’apprendimento e si potrà implementare un progetto educativo efficace.
Inoltre bisogna strutturare l’ambiente circostante: predisporre i materiali di gioco dentro appositi contenitori trasparenti, cosicché i giochi siano in vista, ma non direttamente accessibili, necessitando quindi, della mediazione di un adulto che svolgerà un ruolo educativo. Il momento ludico permette ad ogni bambino di potersi esprimere nel suo ambiente naturale soddisfare le proprie necessità stimolandolo e gratificandolo nel rispetto delle sue caratteristiche.
La zona di “Sviluppo prossimale”
Per il noto psicologo Lev Vygotskij, del resto, il gioco crea la zona di “Sviluppo prossimale”: si tratta della distanza tra ciò che il bimbo è in grado di fare da solo, secondo la sua crescita effettiva, e ciò che riesce a realizzare sotto la guida dell’adulto o nell’interazione con i pari. Un passaggio che poi lo porterà verso una totale autonomia. E’ infatti nell’interazione che il ragazzo con disabilità è stimolato e portato gradualmente ad acquisire nuove abilità, per raggiungere un livello massimo di autonomia nello svolgimento di un compito.
Il gioco non deve essere inteso come uno strumento circoscritto alle prime fasce di età ma al contrario, un approccio ludico è prezioso anche durante l’adolescenza e l’età adulta. Nei ragazzi il gioco può rappresentare un elemento formativo efficace, con risultati permanenti.